Cronaca di un pomeriggio in giro per le calli e i campielli di Venezia

Vi ripropongo questo articolo che avevo scritto millenni fa 🙂

 

CRONACA DI UN POMERIGGIO IN GIRO PER LE CALLI E I CAMPIELLI DI VENEZIA

“Prendete 2 bambine di 3 anni e mezzo, portatele a Venezia, gli fate fare il giro della cittĂ  a piedi con tanto di traghetto in gondola…cosa possono chiedere di piĂą ?? ah si forse una madre meno masochista”, così è scritto sul post che ho pubblicato sul mio profilo Facebook qualche minuto fa, e da questo punto parto con la stesura di questo articolo.

Avete presente Venezia? La conoscete abbastanza da capire le distanze, ovvero, avete mai fatto una passeggiata in centro storico? Non prendetemi per una persona pedante ed arrogante ma  la domanda sorge spontanea nel senso che “misurare” quanti chilometri si fanno a Venezia è quasi un’operazione algoritmica 🙂 Se mi volete chiedere “ma quanti chilometri hai fatto fare alle bimbe oggi pomeriggio?” beh non lo so, a grandi linee direi circa 4 km ma ho come la sensazione fossero di piĂą. Ma fare 4km a Venezia è “quasi” normale… quasi… Lo era per me quando abitavo a Venezia, zona Greci: dopo la scuola, pomeriggi interi a fare quelle che noi chiamavamo le “vasche” ossia chilometri e chilometri su e giĂą per le stesse strade, San Luca-San Bortolo-SS Apostoli-Standa (ora ex-Standa) e indietro, avanti e indietro così. Questo il piano di volo di ogni pomeriggio fino alla maggiore etĂ . Inizia poi la fase UniversitĂ  e quindi cambiano le rotte e aumentano i chilometri, ma mi credete se vi dico che non si sentono? Per un Veneziano è normale camminare quanto è normale per un Milanese prendere la metropolitana. Noi camminiamo, e camminiamo, e camminiamo. Da piccola ricordo che mia madre mi portava a camminare in Strada Nuova e rammento il senso di stringimento allo stomaco che mi prendeva al solo imboccare la strada. Penserete, “e allora perchĂ© fai alle tue bimbe quello che a te non piaceva?”, perchĂ©, sembra incredibile, ma a loro piace. Sapete benissimo che è praticamente impossibile riuscire a far camminare un bambino di 3 anni se non vuole, o lo prendete in braccio o vi minute di passeggino o lo portate a sfogarsi al parco. Le mie bambine non mostrano molto interesse nei confronti di spazi aperti quali parchi gioco con altalene e scivoli perchĂ© dopo un po’ si annoiano. Le altalene del parco che frequentiamo noi sono due, davvero, due di numero e per di piĂą di quelle adatte a bambini piĂą piccoli, quelle con l’imbragatura tanto per capirci. Scivoli presenti al parco: 1. Numero dei bambini presenti al parco nel dopo scuola: tanti. Per cui è ovvia la sproporzione e il conseguente diminuire di interesse del bambino se l’altalena è sempre occupata. Hai voglia a dirgli “amore aspettiamo il nostro turno”, arriva sera che sei ancora lì in coda. Durante la settimana, nel dopo scuola, può andare bene fare qualche passeggiata in spiaggia o in centro. Alt! Vi chiederete “spiaggia?”, si ora abito a Lido di Venezia, ovvero dove si svolge la Mostra del Cinema. Quindi oggi pomeriggio non avendo impegni con laboratori o altre attivitĂ  didattiche abbiamo pensato (decisione presa di comune accordo con le gemelle) di andare a Venezia. Il valore aggiunto è stata la mia proposta di prendere la gondola. Preciso, per chi non conosce la cittĂ : a Venezia la gondola la prendono i turisti per farsi il classico turistico di mezz’ora ma pure i Veneziani stessi per fare il cosiddetto “traghetto”, ossia il passaggio da una sponda all’altra del Canal Grande. Le gemelle avevano giĂ  provato quest’ebbrezza ma la gondola ha sempre il suo fascino e dire ad un bimbo di 3 anni “amore andiamo in gondola” significa fargli venire gli occhi lucidi… All’idea di andare in gondola le gemelle si sono fiondate in camera, pronte per farsi cambiare, e senza tante storie, in un battibaleno eravamo pronte per uscire. Prendiamo il nostro bel vaporetto e scendiamo a Vallaresso (per chi non sapesse, è la fermata vicina a Piazza San Marco). Da lì comincia la nostra maratona. Prendiamo calle Vallaresso, proseguiamo per Calle Larga XXII Marzo, svoltiamo verso il Teatro La Fenice, passiamo campo Sant’Angelo e prima di campo S. Stefano giriamo per raggiungere lo stazio da cui parte il traghetto per San TomĂ . Scese dalla gondola, andiamo verso Piazzale Roma a salutare il papĂ  che stava lavorando. Tempo 10 minuti e riprendiamo il cammino. Il mio “bambine state sedute sulle poltrone così vi riposate un po’” non ha sortito effetto, anzi, le bimbe hanno cominciato a saltare su e giĂą per la hall dell’hotel. Invocando a gran voce qualcosa da mangiare, siamo uscite e ci siamo dirette verso campo San Giacomo dell’Orio, poi giĂą verso Rialto, grande attraversata del ponte e poi via per San Lio, Santa Maria Formosa e finalmente San Zaccaria, da qui vaporetto per rientrare in isola. Ok Veneziani, a voi l’ardua sentenza: riuscite a quantificare i km che queste due povere creature di 3 anni e mezzo han fatto? Direte “sei matta, le hai distrutte”, si certo, arrivate a casa erano stanchissime, lo ero io, figuratevi loro. Ma durante la passeggiata le bambine son state bravissime: non un capriccio, non un bisticcio, non un pianto, tranquille ma soprattutto curiose. Chiedevano e domandavano in continuazione cosa come e quando di ciò che vedevano lungo il cammino. Le bimbe hanno cominciato a chiedermi del Teatro La Fenice (giĂ  da loro visitato in occasione di un laboratorio lo scorso inverno in cui abbiamo avuto l’onore di conoscere il coniglietto Teo), poi tante domande sulle passerelle (quelle dell’acqua alta), sui ponti dritti e storti, sui barbacani, sulle porte d’acqua (“ma lì dentro c’è il parcheggio della barca?”), sulle gondole e del perchĂ© alcune sono “dure” e altre “morbide”, ossia la differenza tra quelle che vengono usate per fare i traghetti a quelle che vengono messe a disposizioni dei turisti per i tour tra i canali. Ho raccontato loro di come una volta i ricchi signori usassero la gondola proprio come mezzo di trasporto personale, ho spiegato loro di come una volta non ci fossero i vaporetti e i taxi e di come una volta le gondole avessero il felze. Poi i pozzi, le fontanelle, i sotoporteghi… sempre e tante domande, cui rispondevo sperando che capissero e così era perchĂ© se magari una sorella aveva un dubbio interveniva l’altra a rispiegarle. Fantastiche! La prossima volta spero di riuscire a portarle alla Scala del Bovolo: ho giĂ  loro anticipato la forma a chiocciola di questa scala per cui ho destato subito interesse.

Scritto da Martina, il 12 ottobre 2013.

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